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La straordinaria
riscoperta in tempi moderni della musica di Antonio Vivaldi è stata strettamente
connessa sin dagli anni cinquanta dello scorso secolo alla meritoria prima
edizione (più o meno completa) da parte dell’Istituto Italiano Antonio Vivaldi
fondato da Antonio Fanna. In seguito, oltre ad avere pubblicato quasi la
totalità delle composizioni del Prete Rosso l’Istituto veneziano ha corretto e
attualizzato le sue più antiche edizioni alla luce delle nuove conquiste
musicologiche e con una precisa attenzione a quelle che erano le istanze che
provenivano dagli esecutori “storicamente informati”.
Giuseppe Tartini non ha goduto di altrettanta fortuna.
Dopo alcune edizioni assai poco accurate (si potrebbe parlare piuttosto di
reinterpretazioni, quali furono tra le altre quelle del leggendario violinista
Fritz Kreisler e di Riccardo Zandonai), legate prevalentemente alla
sopravvivenza ottocentesca di alcuni brani (in particolare il
Trillo del Diavolo, la
Didone Abbandonata e le variazioni
L’Arte dell’Arco) nel corso del XX
secolo poche edizioni davvero attendibili sono state date alle stampe, in primis
quelle della collana a cura di Edoardo Farina e Claudio Scimone (Le opere di
Giuseppe Tartini, Carisch) ma anche grazie all’azione isolata di violinisti
(Giovanni Guglielmo) e musicologi (Enrica Bojan e Agnese Pavanello). Ancora oggi
siamo ben lontani dalla possibilità di avere una moderna e completa edizione
dell’opere del Maestro delle Nazioni anche se grazie all’instancabile lavoro di
Sergio Durante e con l’istituzione del “Comitato Tartini 2020” si intravedono
nuovi slanci e grandi opportunità.
La mancanza di
edizioni attendibili per gli interpreti si è sovente riverberata sulle
esecuzioni - fossero queste inserite in saggi scolastici, concorsi
internazionali o recital dei più noti virtuosi - al punto che è stato quasi
impossibile liberare le opere tartiniane da tutta una serie di istrionismi e di
stilemi ottocenteschi che ormai si erano profondamente radicati alla percezione
di queste opere.
La presente edizione
mira quindi non tanto a fornire una nuova edizione critica (talune, ottime, già
esistono) di queste quattro Sonate che sono state scelte per la loro notorietà,
rappresentatività e bellezza quanto piuttosto a garantire agli interpreti, siano
essi giovani studenti o affermati professionisti, un testo coerente e corretto.
Per questo motivo in aggiunta ad una parte di violino priva di segni
interpretativi abbiamo ritenuto utile introdurre una seconda parte di violino
con diteggiature ed indicazioni dinamiche che potranno essere di giovamento sia
per gli interpreti “tradizionali” che per quelli interessati alle prassi
esecutive storiche.
Federico Guglielmo