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Bartolomeo
Franzosini, figlio di Bernardo, fu esponente di una celebre famiglia del Verbano,
legata ad importanti attività industriali e commerciali e di documentata
influenza politica e sociale nel territorio del Lago Maggiore: la titolarità di
una celebre vetreria con numerosi dipendenti e con rapporti commerciali in
Europa fu il destino anche di Bartolomeo che ne resse con successo le sorti per
gran parte della sua vita.
Dopo
gli studi universitari ed artistici, nel 1793 fu nominato organista e maestro di
cappella della Insigne Basilica Collegiata S. Vittore di Intra e mantenne
l’incarico sino al 1839 quando si dimise con una celebre lettera al Capitolo
della Basilica nella quale descriveva i propri problemi di salute e la necessità
che il più alto decoro artistico delle celebrazioni fosse costantemente
garantito.
La
sua opera compositiva continuò, tuttavia, anche successivamente all'abbandono
dell'incarico; fu assai fecondo compositore di opere sacre,
teatrali, sinfoniche
e cameristiche
che lo fecero affermare come il massimo musicista dell'epoca nel territorio
dell'alto novarese;
ma la sua fama varcò ampiamente i confini della sua terra: sue composizioni
furono commissionate e diffuse attraverso la famiglia
Borromeo
e ne sono state reperite anche presso l'archivio capitolare del Duomo
di Milano.
Massima
celebrità e diffusione fu raggiunta dal suo “Requiem”
per Vittorio Emanuele I di Savoia (+1824), per soli, coro e orchestra, la cui
esecuzione fu ripetuta molte volte, in occasione delle esequie di varie
personalità e che è segnalato come suo vertice artistico anche da storici
successivi e come “musica per gli
intelligenti” dagli studiosi della cultura del Verbano (De
Vit, 1876).
La
sua vasta produzione annovera un rilevante numero di opere comprensivo di musica
organistica, 6 sinfonie per orchestra, musiche di scena, Messe e Vespri solenni
per soli, coro e orchestra, quartetti, cantate, opere da camera, musica vocale e
strumentale di vario genere, opere per complessi di strumenti a fiato che
dimostrano il suo rilievo anche nella vita teatrale e civile dell’epoca.
Grande notorietà ebbe il suo mottetto
"Victorem beatum" per soli,
coro e orchestra, per la celebrazione della solennità di S. Vittore M., patrono
della sua città ed attualmente della città di Verbania.
Anche
in tarda età sono documentate commissioni e richieste di composizioni per
diverse occasioni nonché consulenze su diverse vicende musicali che dimostrano
il prestigio del quale fu contornato per tutta la vita.
Alla
sua morte, in assenza di figli, con un celebre testamento lasciò notevoli
risorse per persone disagiate ed ai componenti fedeli della servitù che lo
assistettero sino alla fine: una solenne lapide nella monumentale tomba di
famiglia nel cimitero di Intra esprime la celebrità e la stima artistica ed
umana dalle quali fu circondato.
La
sua attività come architetto è espressa massimamente dalla realizzazione della
chiesa di S. Rocco in Solcio di Lesa (“sua
amata villa”): in quest’opera ben si esprime il suo radicamento nella
cultura classica, così come in diversi studi progettistici, prevalentemente per
opere civili.
Dalla fine del XIX sec. la sua produzione rimase per lungo tempo occulta. A far tempo dal 1990 chi scrive iniziò l'opera di ricerca e recupero pressoché integrale dei manoscritti attraverso un approfondito lavoro esteso agli archivi di Verbania e della Diocesi di Novara, agli Archivi della famiglia Borromeo, all'archivio capitolare del Duomo di Milano fondando, nel 1994, il Centro Studi Franzosiniani, con sede in Verbania, espressamente dedicato al recupero critico dell'autore e procedendo anche alla redazione del primo catalogo generale delle opere (1993). Tale catalogo è stato aggiornato e completato in collaborazione con Roberto Olzer mediante l'indicazione di tutti gli incipit delle opere (1996). Contestualmente è stato avviato il lavoro di revisione critica delle opere che ha visto, nel 1994, per la prima volta in epoca moderna, l’esecuzione di sue composizioni orchestrali. La pubblicazione delle opere per organo solo o con strumenti rappresenta un importante capitolo nella restaurazione dell’opera di Franzosini e un contributo storico culturale inedito nella ricerca sull’organo in Italia tra XVIII e XIX secolo.
Riccardo
Zoja