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PRESENTAZIONE
DELL'AUTORE
Scopo di questo libro è stabilire la corretta esecuzione pianistica degli ornamenti che abbondano con tanta ricchezza nelle opere di Chopin.
L’indagine è basata, anzi si può unicamente fondare, sulle relazioni interne al testo poiché quanto per tradizione conosciamo dell’arte di Chopin sotto questo aspetto è malauguratamente vago e approssimativo, soprattutto se consideriamo quanti musicisti di rango e quanti abili dilettanti Chopin contava fra amici ed allievi.
A conferma di quanto detto potremmo citare una frase di Carl Mikuli riportata nella mirabile biografia di Frederick Niecks:
[...] I trilli, che egli [Chopin] inizia di solito dalla nota ausiliaria, si devono suonare con grande uguaglianza piuttosto che veloci.
Nel corso del libro ho voluto puntualizzare in primo luogo che i trilli semplici nelle opere di Chopin sono rari; in secondo luogo che, a parte qualche evidente eccezione, devono cominciare dalla nota principale e non da quella ausiliaria, anche se questo comporta ripetizioni o non sempre un bell’ascolto. Questo è quanto emerso dalle testimonianze disponibili in nostro possesso.
Sebbene mi sia limitato strettamente all’ornamentazione presente in Chopin, oso sperare che i principi enunciati e seguiti possano servire anche a coloro che desiderano studiare i metodi di altri compositori, non importa quanto più lontani o vicini al maestro polacco.
Gli abbellimenti – in origine quasi un prodotto spontaneo della scarsa risonanza degli strumenti sia a pizzico che a percussione – erano reale necessità per il compositore che cercava di adattare al pianoforte l’estesa emissione e la carica emozionale della voce umana. Progressivamente cambiarono funzione, persero il loro carattere improvvisato e spontaneo e divennero mezzi a disposizione del compositore per modificare a piacimento espressione e accentuazione nelle melodie, grazie alle numerose gradazioni intermedie, dall’espressione più profonda all’allusione più delicata.
Questo sviluppo culminò nei lavori di Chopin. La sua ornamentazione si contrappone all’uso meccanico degli abbellimenti e rappresenta il livello artistico più elevato nell’uso di questo artificio. Si potrà imitarlo e – ora che ne capiamo i meccanismi – magari raggiungerne un certo grado di somiglianza ma, data la sua perfezione, non si potrà mai eguagliarne la bellezza.
JOHN PETRIE DUNN
Edimburgo, giugno 1921
ABSTRACT
della
Postfazione
di Nunziata Bonaccorsi
L’esame del testo offre lo spunto per qualche
considerazione aggiuntiva e sollecita all’approfondimento di alcuni degli
argomenti trattati.
Tra le difficoltà alla corretta esecuzione degli
abbellimenti nelle musiche di Chopin si evidenzia l’assenza di fonti dirette.
Non vi sono documentazioni sonore dei suoi allievi – l’ultimo dei quali morì
nel 1922 – e le prime registrazioni si devono al pianista Francis Planté che
aveva dieci anni quando il compositore scomparve.
Testimonianze valide per il periodo a lui più
vicino devono considerarsi dunque i resoconti scritti di coloro che riuscirono
ad ascoltarlo e, di rilievo, le lettere e il fondo musicale della sorella di
Chopin, Ludwika, sposata Jędrzejewicz. Utili anche le notizie che ci
giungono dai suoi allievi con le annotazioni autografe di Chopin sui libri usati
durante le lezioni. I quattro volumi di Camille Dubois-O’ Meara, una delle
allieve preferite del compositore polacco, sono ricchi di correzioni,
diteggiature e aggiunte di ornamenti e dinamiche; varianti e appunti preziosi
anche nei libri di Jane Wilhelmina Stirling, allieva devota di Chopin.
Informazioni ci giungono anche da altri allievi: Wilhelm von Lenz, Georges
Mathias, Pauline Viardot-García, Zofia Zaleska-Rosengardt; notizie, ancora, da
Auguste Franchomme, amico di Chopin, e da Julian Fontana, copista e factotum del
compositore polacco.
Vero depositario degli insegnamenti del maestro fu
Carl Mikuli che dedicò la vita a questa missione; la prefazione che accompagna
la sua edizione delle opere di Chopin è una delle fonti più esaustive e
dettagliate di cui disponiamo. Mikuli si impegnò a trasmettere la tradizione
della scuola chopiniana attraverso i suoi allievi; rappresentativo, fra questi,
Raoul Koczalski per le preziose considerazioni sull’interpretazione e le
numerose registrazioni.
Informazioni di seconda mano, come si vede, da
comporre ed utilizzare come supporto per la lettura e l’interpretazione delle
pagine chopiniane
È necessario rilevare che Chopin modificava in
qualche caso la partitura originale, anche dopo la sua pubblicazione,
aggiungendo fioriture. Abitudine diffusa fra altri pianisti suoi contemporanei,
quali Thalberg e Liszt, che erano soliti aggiungere ottave ad libitum, cambiare
le cadenze finali o modificare dettagli nelle loro composizioni anche dopo la
stampa. Durante la prima metà dell’Ottocento ancora il testo poteva essere
“completato” dall’interprete.
Tra
i piccoli abbellimenti si deve dunque distinguere fra quelli che Chopin
improvvisava durante le sue esecuzioni e quelli scritti. Secondo Koczalski,
Mikuli e Lenz, Chopin improvvisava ornamenti soprattutto nei due generi dove il
“rubato” è una caratteristica: i notturni e le mazurche.
Il carattere tipico delle musiche chopiniane si concretizza eseguendo “come improvvisando” tutte le note di abbellimento scritte e indicate in piccole note: appoggiature, trilli, gruppetti, e gruppi irregolari.
L’adattamento delle regole alle circostanze musicali che Chopin ci documenta trova la sua eccezione nelle testimonianze successive. Esse rafforzano nel moderno esecutore la convinzione che la conoscenza è piuttosto strumento di scelte che di certezze. L’idea guida è che i suoni devono sempre esprimere sentimenti e percezioni e tutto quanto è presente in una composizione a questo deve tendere.
La combinazione di gruppetti e ampi disegni ornamentali fanno da variante alle idee melodiche:
Questi
passaggi ornamentali, o gruppetti variamente composti, appaiono più spesso
quando lo stesso motivo si ripresenta parecchie volte; prima il motivo è
espresso nella sua semplicità; poi arricchito con ornamenti a ogni entrata.
(Jean-Jacques Eigeldinger, Chopin
pianist and teacher, Cambridge 1986, p. 53).
Tali arabeschi, che si infiltrano nella struttura e diventano parte integrante di essa, si distaccano dal concetto di “ornamento”, in quanto elemento secondario aggiunto, e acquisiscono una valenza espressiva autonoma. Elemento distintivo connesso all’uso di questi passaggi è il “rubato” che si potrebbe definire un sistema di compensazione che prolunga alcune note e ne riduce altre. L’uso di questo tempo flessibile è testimoniato già nel Seicento da Giulio Caccini e il rubato, chiamato “strascino”, è inserito fra i principali ornamenti nel trattato per cantanti di Pierfrancesco Tosi.
La definizione del rubato di Chopin ha impegnato molti studiosi, ma fa fede soprattutto il parere di coloro che lo ascoltarono. La descrizione di Carl Mikuli è abbastanza precisa e mette in rilievo come la libertà metrica fosse sempre realizzata mantenendo il movimento del basso stabile.
In Chopin l’uso del rubato è d’obbligo per una corretta interpretazione, che altrimenti sarebbe falsata e improbabile; come afferma Dunn: «offrire regole precise e veloci sarebbe incongruente con quanto argomentato sulla libertà ritmica richiesta dallo stile di Chopin». L’esecutore deve adattarsi alle diverse circostanze musicali a volte anche cercando di conciliare la prescrizione più volte enunciata, circa la realizzazione in battere degli abbellimenti, con il concetto di asincronia e indipendenza delle mani.
Chopin praticò e insegnò
il rubato nel suo significato originale e tradizionale in un momento in cui il
suo uso nella musica per pianoforte degli altri artisti era ormai in declino, se
non già scomparso. La sua musica, legata alla tradizione vocale ma nello stesso
tempo ricca di idee innovative, è il risultato magnifico dell’elaborazione
personale di regole antiche con nuovi mezzi espressivi.
INDICE DEL VOLUME
Introduzione
PREFAZIONE
DEFINIZIONI
PARTE I: GLI ORNAMENTI USATI DA CHOPIN
Capitolo
I
Il
trillo semplice
Capitolo
II
Il
trillo breve
Capitolo
III
Il
trillo dal basso.
Capitolo
IV
Il
gruppetto
Il
gruppetto inverso
Capitolo
VI
La
strisciata
Capitolo
VII
L’acciaccatura
e l’appoggiatura
Capitolo
VIII
L’appoggiatura
doppia
Capitolo
IX
L’arpeggio
Capitolo
X
Il
tremolo lento
Conclusione
della I Parte
Il
mordente
Abbellimenti
misti
PARTE II:
I METODI DI ORNAMENTAZIONE DI CHOPIN
Capitolo
XI
Caratteristiche
dello stile di Chopin
Capitolo
XII
Osservazioni
integrative sul trillo semplice.
Capitolo
XIII
Esempi
di trillo breve
Capitolo
XIV
Il
trillo dal basso
Capitolo
XV
Esempi
di gruppetti
Capitolo
XVI
Esempi
di strisciata
Avvertimenti allo studente
Capitolo
XVII
Acciaccatura
e appoggiatura
(a)
L’appoggiatura
(b)
Anticipazioni
Capitolo
XVIII
Esempi
di arpeggio
Capitolo
XIX
Osservazioni
integrative sull’esecuzione e pedalizzazione degli arpeggi
Capitolo
XX
Il
tremolo lento o “Bebung”
Capitolo
XXI
Ornamenti
liberi e cadenze.
Capitolo
XXII
La
“cadenza inserita”
Postfazione,
di Nunziata Bonaccorsi.