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Santucci, Pellegrino
1921-2010

La Cometa Kohoutek. Per organo

20,00

Organico:
AV 117
9790215823587
23x32
20
Monari, Giuseppe
Armelin Musica
La produzione organistica di Pellegrino Santucci è piuttosto cospicua e significativamente emblematica dell’attenzione da lui dedicata al re degli strumenti, dovuta sia alla considerazione per l’organo quale strumento principale nell’utilizzo sacro-liturgico, sia alla sua amicizia e conoscenza con una pletora di grandi organisti che animarono i concerti presso la Basilica di S. Maria dei Servi a Bologna sotto la sua direzione artistica; molti di loro suonarono sue composizioni in prima esecuzione, e avendo a disposizione i maggiori virtuosi di quegli anni, Santucci dava libero sfogo al suo estro compositivo senza preoccuparsi minimamente delle difficoltà esecutive, a tratti decisamente impervie. Di scrittura nettamente avanguardistica e ricca di spunti derivati dall’antica modalità gregoriana, La cometa Kohoutek (dedicata ai fratelli Pietro e Arrigo Luca, rispettivamente avvocato e notaio in Bologna) rappresenta certamente una vetta del frate musicista, che vi sfoggia una considerevole tecnica compositiva, attraverso un linguaggio che impiega al massimo le risorse timbriche e dinamiche dell’organo (il brano voleva mettere in mostra le potenzialità dell’organo Tamburini della Basilica dei Servi, inaugurato nel 1967 e protagonista negli anni a seguire di innumerevoli concerti, concorsi ed eventi, svoltisi sotto la guida di Santucci). Il pezzo è piuttosto corposo, e si articola in sezioni di varia lunghezza (A piacere, ma con severità, Adagio non troppo, Andantino, Andante (Apparizione della cometa), Maestoso (Inno alla cometa), Danza della cometa, Doloroso, Agitato, Andante (Elegia, in morte della cometa). A dispetto della dimensione profana che di primo acchito si potrebbe attribuire a questa pagina, una delle sezioni prevede l’intervento del coro, che incastona sulle note dell’organo l’acclamazione Lumen Christi, e la relativa risposta Deo gratias, che vengono cantate nella liturgia della veglia di Pasqua, quando il celebrante reca in processione la luce del cero pasquale (la luce di Cristo), che viene in seguito trasmessa alle candele dei fedeli; nelle rarissime (sembra solamente tre) esecuzioni pubbliche in S. Maria dei Servi di questo brano, Santucci nascose addirittura il coro, che cantava la piccola parte creando un effetto sorpresa misto alla mancata percezione spaziale della provenienza delle voci, quasi a rappresentare un intervento angelico. Il brano risale con tutta probabilità al 1974; nel Marzo del 1973 infatti l’astronomo Cecoslovacco Luboš Kohoutek scoprì la cometa C/1973 E1, la cui attesa ebbe enorme risonanza mediatica: la stella venne infatti citata in una grande quantità di produzioni musicali (dal jazz al rock, dalla musica elettronica alla techno) e addirittura in serie televisive e cinematografiche, fumetti, ed eventi di vario tipo. L’effettiva visibiltà del corpo celeste, che raggiunse il perielio negli ultimi giorni di Dicembre, si rivelò di molto inferiore alle previsioni, giungendo ad essere un vero e proprio flop, ma la suggestione dell’attesa bastò ad alimentare la fantasia di innumerevoli artisti, tra i quali – chi l’avrebbe mai detto? – anche il nostro, grande appassionato di astronomia; con la differenza che Santucci compose il brano solo successivamente al fiasco, dichiarando che avrebbe posto così rimedio alla mancata apparizione! L’utilizzo delle risorse di uno strumento così particolare come quello della Basilica di S. Maria dei Servi in Bologna (i cui registri sono meticolosamente annotati dall’autore così come riportati in questa edizione), costringe l’organista a cercare soluzioni che sicuramente non saranno immediate su un altro organo (a volte l’alternativa è suggerita dal compositore stesso, che ben si rende conto di tale situazione), e certamente la piena riuscita del brano richiede uno strumento di grande ricchezza timbrica. N.B. Il brano è inciso da Giuseppe Monari nella pubblicazione discografica Pellegrino Santucci · Opere Sacre, Bologna, Tactus, 2017.