PRESENTAZIONE DELL’AUTORE
Ho cominciato a cantare nel coro della Cattedrale di Vittorio Veneto a sei anni, perché, secondo il cappellano, avevo una bella voce. E da allora non ho smesso di cantare in coro, prima, e dirigere poi, con tanta passione. E ho avuto la fortuna che questa passione di direttore iniziata nel seminario di Vittorio Veneto e continuata nelle parrocchie di Serravalle, Bocca di Strada, Crevada e nel Coro Monte Cimon di Miane si trasformasse nel mio lavoro di direttore di coro nei Conservatori di Rovigo, Castelferanco e, infine, Venezia. Un giorno una mia corista durante una prova mi disse: «ma lei, maestro, vive per la musica!». «No – risposi – vivo con la musica!». E innanzitutto, insieme alla musica, ci metto l’amore per Valeria e André e la dedizione agli altri, per un ascolto e un aiuto perché possano essere uomini migliori. Così il mio impegno nell’ASAC è frutto di quella attenzione per tutto quello che è positivo e può aiutare a realizzare meglio la vita, anche in un dettaglio non trascurabile che, per molti, è cantare in coro.
Quando ero giovane, mio papà, fisarmonicista (ma che in passato aveva suonato anche la chitarra e il clarinetto), era tutto contento della mia inclinazione per la musica e aveva comperato per me una fisarmonica a piano «Paolo Soprani», che, poi, visto il mio disinteresse, vendette per comperarmi un pianoforte verticale. Mia madre a sua volta ricordava che nelle mie vene di musicista scorreva anche un po’ di sangue della sua famiglia in quanto suo nonno, il bisnonno Cinano, pur autodidatta, nella seconda metà dell’800 era stato un eccellente compositore e direttore della banda di Lamosano di Alpago. Don Rino Bechevolo e Severino Tonon mi hanno introdotto ad amare e gustare la musica, soprattutto quella corale, mentre Mario De Marco, Tarcisio Todero, Bruno Cervenca, Mario Bugamelli, Mansueto Viezzer e Efrem Casagrande, soprattutto gli multimi due, sono stati i maestri, quasi tutti ora scomparsi, ai quali sono evidentemente grato, che mi hanno insegnato a tenere la penna in mano e incoraggiato (talvolta strapazzato) a scrivere sul pentagramma.
Sia chiaro: non ho mai preteso di essere o di fare il compositore, ma spinto da coristi, da amici o da qualche occasione particolare mi sono cimentato a proporre ai cori che dirigevo delle armonizzazioni, delle elaborazioni e anche alcune composizioni corali che ho pensato di raccogliere in questo volume perché non vadano perdute ed eventualmente ancora eseguite. Sono composizioni che a me sono apparse riuscite, alcune premiate, altre a cui sono particolarmente affezionato per testo o contesto. Non ci sono novità armoniche o contrappuntistiche, piuttosto si noterà che più di qualche volta ho voluto inserire degli strumenti non come semplici accompagnatori del canto. Partendo, infatti, dal concetto che il coro è uno strumento, che può quindi suonare da solo o insieme come avviene nella musica da camera o sinfonica, ho adoperato alcuni strumenti (soprattutto a fiato) da affiancare al coro per creare colore.
E a chi canterà questi miei canti ricordo ciò che S. Agostino predicava ai suoi fedeli: «Cantate oribus, cantate vocibus, cantate cordibus, cantate moribus, cantate Domino canticum novum!» Cantate con la bocca aperta perché soltanto da una bocca aperta può uscire un bel suono; cantate con la voce piena e calda; cantate col cuore, con passione ed espressione seguendo il senso delle parole; cantate con la vita ciò che esprimete con il testo; cantate al Signore un canto sempre nuovo, come sia la prima e l’ultima volta!